Per determinare lo stato di diritto occorre rifarsi al Codice delle obbligazioni (art. 324a CO), alle disposizioni del contratto stipulato tra le parti, agli accordi collettivi o ai contratti tipo di lavoro – quando esistono – oppure, trattandosi di funzionari, alla disciplina di diritto pubblico comunale, cantonale o federale di volta in volta applicabile. Peraltro la regolamentazione di diritto pubblico non costituisce oggetto di analisi di questo lavoro.
La legge sul lavoro non prevede alcuna disposizione relativa al pagamento del salario. La questione del congedo di maternità è rilevante con riferimento alla legge sull’assicurazione per la perdita di guadagno (RS 834.1).
Certificato medico
In un primo momento, il Tribunale federale (DTF del 15 febbraio 2001 4C.271/2000) ha ammesso che nel caso in cui la lavoratrice faccia uso di tale dispensa (dal lavoro), le
spettasse il versamento del salario ai sensi dell’art. 324a CO, pur in assenza di ragioni oggettive mediche (4C.280/1992 del 26 gennaio 1993, consid. 2a, in SJ 1995 p. 789). Di recente, il Tribunale ha modificato la sua giurisprudenza (4C.36/2007 del 26.3.2007), pronunciandosi per la prima volta sull’art. 324a cpv. 3 CO, modificato a seguito dell’introduzione dell’assicurazione di maternità (1.7.2005). La questione resta dibattuta, nel caso di specie. Il Tribunale federale ha fatto riferimento a determinati autori (Streiff/von Kaenel, op. cit., p. 296; Rémy Wyler, op. cit., ch. 10 ad art. 35a LL) secondo i quali, dopo il 1° luglio 2005, la gravidanza non è più sufficiente – da sé sola – a giustificare un’assenza remunerata ai sensi dell’art. 324a cpv. 3 CO, ma deve costituire – oggettivamente – un impedimento al lavoro (cfr. anche la decisione del tribunale cantonale di S. Gallo del 10.2.2004 in JAR 2005 p. 418). In altri termini, in assenza di altre ragioni di natura medica attestate mediante certificato (medico), la donna che non riprende il lavoro per allattare non ha diritto alla remunerazione.
Impedimento al lavoro per ragioni relative alla lavoratrice
Ai sensi del Codice delle obbligazioni, la gravidanza, la malattia o l’infortunio non costituiscono casi di impedimento al lavoro per ragioni imputabili alla lavoratrice (art. 324a CO). Tale elenco tuttavia non è esaustivo. Occorre aggiungervi, ad esempio, la malattia di un figlio (Il Bebè è nato – essere genitore e lavorare – malattia di un figlio). Rientra pure in tale categoria l’impedimento al lavoro dovuto all’eventuale interruzione volontaria di gravidanza.
In simili ipotesi, il pagamento del salario (gravidanza o allattamento, per quello che
maggiormente ci riguarda), dipende dal regime legale applicabile alla specifica situazione.
Applicazione del Codice delle obbligazioni (scala bernese, basilese e zurighese)
Il Codice delle obbligazioni dispone termini legali minimi (art. 324a CO).
Esso prevede l’obbligo di pagare il salario (comprensivo di tutti gli elementi di cui è
composto) per un determinato periodo. La durata di tale obbligo non è però illimitata. E’ possibile dunque che una parte delle assenze non sia coperta dal salario.
Questo è tanto più vero tenuto conto che la durata dell’impedimento al lavoro – alla base del diritto al salario – secondo il Codice delle obbligazioni dipende sovente dal numero degli anni di servizio. In altri termini, per ogni anno di servizio si tiene conto gradatamente di tutti gli impedimenti al lavoro, non importa di quale durata, fino allo scadere del diritto annuale al salario.
In questo senso, la gravidanza non è considerata come impedimento al lavoro distinto che attribuisca uno specifico credito di salario, separato da altre cause che abbiano generato altre assenze. Pertanto, una donna che nel corso di un anno di servizio ha già percepito un salario per impedimento al lavoro per causa di malattia o di infortunio, non dispone più di un nuovo credito per ragioni di gravidanza o di parto.
Esempio: dopo 8 mesi presso il proprio datore di lavoro, la signora X è incinta. Al
sesto mese di gravidanza resta malata per 15 giorni (influenza), si assenta inoltre per
3 giorni per malessere; partorisce nel corso del secondo anno di servizio.
Durante l’assenza per influenza e per malessere, le spetta il salario visto che l’assenza
ha avuto durata inferiore alle tre settimane. Dal parto, le spettano le prestazioni
obbligatorie dell’assicurazione di maternità secondo la vigente LPG (v. Il Bebè è nato
– diritto al congedo di maternità).
Perché ricorra il diritto al salario, la legge prevede una condizione preliminare: occorre che il rapporto di lavoro abbia una durata di oltre tre mesi o sia stato concluso per più di tre mesi.
La prima condizione esclude il pagamento del salario in caso di impedimento al lavoro
del/della dipendente quando il contratto a termine sia stato concluso per meno di tre mesi. La ratio del legislatore è stata quella di evitare che il datore di lavoro non sia chiamato a pagare il salario nell’ipotesi in cui – vista la brevità del rapporto – egli non abbia praticamente ricevuto alcuna prestazione del/della dipendente inabilitata (al lavoro).
Esempio : nella specie, il contratto consisteva nella prestazione di un’artista da tenersi il 10 settembre 1996, da ripetersi dal 18 ottobre al 3 novembre 1996. Lo spettacolo rappresentava scene di violenza: il protagonista doveva mettersi l’artista incinta di otto mesi (la ricorrente), sulle spalle, camminare sulla rampa che separa la scena dall’orchestra, per poi gettarla a terra e mimare il gesto di strangolarla e di pugnalarla nel basso ventre.
Ritenuto che l’artista non era in grado di realizzare tale prestazione, il direttore del
Grand Théâtre de Genève ha disdetto il contratto, indennizzandolo per le sole
prestazioni effettuate. Considerando che il contratto non era stato stipulato per più di
tre mesi, il Tribunale federale gli ha dato ragione (DTF 126 III 75).
Al contrario, il salario è dovuto se il contratto a tempo determinato ha durata superiore a tre mesi.
Contratti di durata indeterminata
La questione si è posta rispetto a contratti con durata indeterminata. Deve automaticamente ammettersi che siano stati stipulati per più di tre mesi in modo tale che – in caso di impedimento al lavoro – il salario è dovuto dall’inizio del rapporto oppure le parti hanno voluto prevedere un termine di carenza di tre mesi che fa scattare l’obbligo di pagamento del salario in caso di incapacità solo dal primo giorno del quarto mese?
Il Tribunale federale si è allineato a quest’ultima soluzione. Precisando che il contratto di durata illimitata non si presume stipulato per oltre tre mesi, ritenuto che il rapporto può essere disdetto dalle parti durante il periodo di prova mediante preavviso di 7 giorni e, scaduto il termine di prova con preavviso di un mese.
Il dipendente che l’ha stipulato quindi non vanta alcun diritto al salario in caso di inabilità al lavoro nel corso dei primi tre mesi di attività, salvo che il termine di disdetta convenuto dalle parti non sia superiore a tre mesi.
Tale regola si applica tuttavia solo in caso di mancanza di condizioni contrattuali più
generose (ad es., in presenza di un’assicurazione perdita di guadagno che preveda indennità giornaliere in caso di malattia (DTF del 30 settembre 2005, 4C.193/2005).
Quando l’anzianità conta
La durata dell’obbligo di pagare il salario dipende dal numero degli anni di servizio. Il
Codice delle obbligazioni prevede per il datore di lavoro l’obbligo di pagare il salario per tre settimane durante il primo anno di servizio e, poi, per un periodo più lungo fissato equamente, tenuto conto della durata del rapporto e delle circostanze particolari (art. 324a cpv. 2 CO).
Il legislatore non ha quindi determinato la progressione. Determinati tribunali cantonali hanno cercato di precisare il diritto al salario stabilendo dei parametri in funzione degli anni di servizio per facilitare l’applicazione della legge. Tali parametri, sono definiti appunto «scala bernese», «scala basilese», e «scala zurighese».
In Ticino si applica la scala bernese. Tale prassi si applica pure alla funzione pubblica quando si sia assunti con contratto di diritto privato.
Tali prassi determinano il rapporto tra il diritto al salario e durata del rapporto di lavoro nel seguente modo:
Scala bernese, basilese, zurighese
Scala di Berna (tutti i Cantoni, tranne i seguenti)
durante il 1° anno di servizio: 3 settimane di salario
2° anno: 1 mese di salario
3° e 4° anno: 2 mesi di salario
dal 5° al 9° anno: 3 mesi di salario
dal 10° al 14°: 4 mesi di salario
dal 15° al 19° anno: 5 mesi di salario
dal 20° al 25° anno: 6 mesi di salario
Scala di Basilea (BS, BL)
durante il 1° anno di servizio: 3 settimane di salario
2° e 3° anno: 2 mesi di salario
dal 4° al 10° anno: 3 mesi di salario
dall’11° al 15° anno: 4 mesi di salario
dal 16° al 20° anno: 5 mesi di salario
a partire dal 21° anno: 6 mesi di salario
Scala di Zurigo (AI, AR, SH, TG, ZG, ZH)
durante il 1° anno di servizio: 3 settimane di salario
2° anno: 8 settimane di salario
3° anno: 9 settimane di salario
4° anno: 10 settimane di salario
per ciascun ulteriore anno una settimana supplementare
La durata del pagamento è commisurata al numero degli anni di servizio e non all’età civile. Chiuso un anno di servizio, la lavoratrice dispone di un nuovo credito di salario da far valere.
Esempio : dopo 8 settimane presso lo stesso datore di lavoro, la signora X è incinta. Al sesto mese di gravidanza si ammala per 15 giorni per influenza, poi si assenta per 3 giorni per malessere (da gravidanza); partorisce nel secondo anno di servizio.
Durante il primo anno di servizio ha cumulato 18 giorni di inabilità al lavoro. Tali assenze le vengono pagate integralmente, non superando le 3 settimane durante le quali il salario le deve essere pagato durante il primo anno di lavoro.
Se il credito non viene utilizzato, esso non può comunque essere riportato al nuovo anno di servizio. E neppure può essere ridotto pro quota se un anno di servizio non è completato.
In caso di incapacità parziale, la durata dell’obbligo di pagare il salario è prolungata: in altri termini, una lavoratrice inabile al lavoro al 50% durante 8 settimane – trovandosi al primo anno di servizio (avendo diritto quindi a tre settimane di salario pagato) – potrà beneficiare dello stipendio per 6 settimane.
Regimi convenzionali più vantaggiosi rispetto a quello del Codice delle obbligazioni
E’ possibile, oltre che auspicabile, che le parti abbiano convenuto per iscritto – o anche solo verbalmente o addirittura per meri atti concludenti – un regime più favorevole. Simile regolamentazione potrebbe risultare pure da un accordo collettivo o da un contratto tipo.
Le regolamentazioni di diritto pubblico di solito sono più generose per la lavoratrice in virtù di un’assicurazione per la perdita di guadagno sottoscritta a favore del personale dell’ente pubblico per il caso di malattia e di maternità.
Il carattere più generoso consiste sia nel fatto che il regime convenzionale prevede una durata più lunga di versamento del salario rispetto a quanto sancito dal Codice delle obbligazioni, sia nel fatto di considerare la gravidanza o il parto quali cause distinte e sufficienti (per se stesse) di impedimento al lavoro. Ma il vantaggio potrebbe consistere altresì nella rinuncia alla condizione preliminare secondo la quale – per avere diritto al salario – il rapporto deve avere durata di oltre tre mesi o essere stato stipulato per almeno tre mesi, o, infine, nella riduzione di tale periodo.
Sovente, il regime più favorevole è riconducibile al fatto che il datore di lavoro ha stipulato una polizza per perdita di guadagno a favore dei propri dipendenti che preveda una migliore copertura.
La migliore tutela per la donna che intenda avere bambini consiste nell’affiliazione del suo datore di lavoro a un’assicurazione collettiva per la perdita di guadagno, comprensiva della maternità, e che offra prestazioni più ampie rispetto all’assicurazione maternità obbligatoria (ad esempio, un congedo di maternità di 16 settimane pagate al 100% del salario).